FOR FRIDA

Project work / Work in Progress

Dipingo me stessa perché sono il soggetto che conosco meglio” F. Kahlo

For Frida nasce come omaggio alla pittrice messicana Frida Kahlo, con l’intenzione di re-interpretarne l’universo artistico e umano, attraverso una poetica del teatro-danza tesa a integrare le differenze tra abilità e disabilità. Un’arte che, come nel caso emblematico della Kahlo, crei una zona franca dove sfidare e superare i propri limiti.

Punto di partenza è stato un lavoro di ricerca che non si limitasse alla trasposizione scenica dei più celebri dipinti o dei momenti biografici più noti, ma che approfondisse il mondo della pittrice nel sottile legame tra esperienza di vita e creazione artistica. Da qui lo studio di materiali diversi (tele, disegni, lettere, diari, testimonianze) che permettessero alle due interpreti di misurarsi con il linguaggio comune del corpo, scegliendo due approcci differenti per entrare in contatto con la complessa realtà del tema ‘Frida’.

Due sono i momenti principali dello spettacolo, come due quadri che prendono le mosse dai luoghi dalla quotidianità della Kahlo. Quasi in una visita guidata della Casa Azul a Coyocán, lo spettatore entra in punta di piedi nell’intimità della donna, ancora prima che dell’artista, soffermandosi su due spazi fisici - insieme luoghi dell’animo - da cui avere un punto d’osservazione privilegiato.

Il bagno di Frida: nel rituale di una gestualità che si ripete ogni mattina, una donna seduta di fronte ad una bacinella, si prepara alla battaglia con la vita, indossando la propria armatura di corsetti e tutori. Il movimento naturalistico prende via via le forme di alcuni dei più famosi dipinti della stessa Kahlo (Ciò che mi ha dato l’acqua, La colonna spezzata, Il cervo ferito, Ospedale Henry Ford, Ricordo, Le due Frida), come del marito Diego Rivera (Nudo con Calle). Soprattutto sono riconoscibili le citazioni dei numerosi Autoritratti, con il tipico atteggiamento di sfida e lo sguardo impenetrabile di una donna costantemente in posa con se stessa e il mondo. Ogni riferimento iconografico viene tuttavia decontestualizzato da una scena completamente bianca, asettica come una sala operatoria, fredda come il ghiaccio, dove il solo colore a prendere vita è il rosso del sangue. Metafora della creazione pittorica che nasce dal dolore e lo supera nella catarsi dell’arte. Anelito finale verso una dimensione altra, dove un corpo ideale senza arti e senza ferite, può prendere il volo con le ali della forza interiore.

Coreografia di Carla Vannucchi
Regia Alessandro Tampieri
Danza Kitty Lunn
Premiere: Joyce SoHo, New York, 2009

La camera di Frida: una scena dominata da un letto la cui struttura vuota si trasforma in cornice, specchio, simulacro, retablo, vale a dire immagine religiosa, di una cultura popolare fatta di folklore e superstizione.Coreografia di Carla Vannucchi

Regia Alessandro Tampieri
Danza Carla Vannucchi
Anteprima: Teatro di Castelmaggiore (BO), 2010

A fare da ponte, o meglio cornice, tra i due assoli di danza, un percorso di suggestioni visive e sonore, che traduce in linguaggio multimediale il mistero di una donna che, pur ponendosi al centro del mondo e dell’arte, amava definirsi la gran ocultadora. Elaborazione drammaturgica di frasi e immagini per raccontare l’altra Frida, nel tentativo di afferrarne il vuoto, l’assenza, il non-essere. Ennesima ed estrema contrapposizione tra la dissoluzione del corpo e l’immortalità dell’opera d’arte.

"Frida messicanamente in tutte le sue manifestazioni, continua a suscitare grande stupore: la pittura e la vita, la vita e la pittura, legate tra loro come le due Frida, come lei le ha dipinte..."

Elena Poniatowska


PREGHIERA PRAYER

PREGHIERA – Assolo

Durata: circa 5 minuti

Musica: ‘Stabat Mater’ di Luigi Boccherini

Coreografia: Carla Vannucchi per Formazione Danza

Danza: Flavia Bruni

Light designer: Ricardo Viviani

Costume designer: Cledes

Company assitant: Diana Del Monte

I.Da.Co - Sheen Center, New York, 2015

Benjamin Briones Ballet - The Round Table Festival, New York, U.S.A., 2016

Preghiera è una breve coreografia in a solo meditata e concepita in un particolare momento della vita della coreografa Carla Vannucchi, ma al di là del credo è una riflessione sulla genitorialità, specificamente sulla maternità che si esterna e si esalta non solo nel momento del concepimento ma anche nel momento di lasciare andare la propria creatura al di là della propria volontà. E’ un omaggio a tutte quelle madri che sopravvivono al proprio figlio e continuano poi a camminare nella vita sentendo di averlo ancora tra le braccia. L’immagine più forte su cui è lavorato è quella della Pietà di Michelangelo, non tanto per le forme scultoree ma principalmente per l’emozione che essa fa scaturire nel guardarla; poi ci le immagini delle natività e delle madonne, dai maestri del medioevo fino a Manzù.

La coreografia ‘Preghiera’ entra a far parte del repertorio della compagnia/gruppo ‘Formazione Danza’ che già negli anni ‘90 operava nell’ambito dell’Associazione culturale ‘Arteatri’, per la quale Carla Vannucchi ha creato varie coreografie (Aut Aut, Relazioni di Fuga, Fugace, ecc.),tra cui Quartetto di Fuga nel 1997, anno in cui Flavia Bruni è entrata a far parte del gruppo come interprete. Negli anni i lavori di Carla Vannucchi si sono sempre più relazionati a tematiche tratte dalla letteratura e a musicalità tratte da repertorio della musica classica dal Barocco in poi. Il ricostituito progetto ‘Formazione Danza’ ora si propone di riprendere i lavori passati e di crearne di nuovi mantenendo però l’attenzione a tematiche letterarie italiane e alla musicalità del repertorio di autori italiani. ‘Formazione Danza’ vuole dare ai danzatori la possibilità di formarsi danzando pezzi con tutte le caratteristiche tecniche definite in modo più 'classico' ma anche del teatro-danza; e' un progetto che si forma sulle situazioni che si vengono a creare con uno o più danzatori e in luoghi diversi.



KUASHI (bellezza in sè)

L’assoluta bellezza.... del cambiamento di stato. Vissuto di un animo femminile, dal kimono alla bellezza trascendente dell’anima.

Solo coreografato e danzato da Carla Vannucchi

Musiche di Arnold Schoenberg (“Verklärte Nacht”)

Costumi di Carla Vannucchi

Installazione "Kuashi" di Theo Toy

Direttore di scena e Assistente alla regia: Alessandro Tampieri

Liberamente tratto dalle opere di Harumi Setouchi.

Kuashi, dal giapponese arcaico, “la bellezza in se stessa”.

Un corpo in fuga. Una donna all’apparenza fragile, ma che in realtà cela in ogni suo gesto una forza immane, anche se costretta, quasi‘soffocata’. Tra gli spazi angusti a fatica si esprime. A tratti scavalca le gabbie e guadagna quella libertà, alla quale aveva sempre anelato.

In quel mondo, dove non aveva scelto di entrare, e dove aveva comunque trovato la possibilità di manifestare la propria natura e essere felice, o almeno così le era sembrato, non riusciva più a vivere. In un certo momento, senza quasi volerlo, ma in modo automatico e senza capire veramente perché, esce da quella vita.

Con l’eleganza che sempre aveva contraddistinto ogni momento della sua esistenza, lascia quel mondo che non riconosce più; ma lo fa a modo suo, da “esperta nelle belle arti”. Non sceglie di abbandonare la vita ma decide di entrare in monastero come gesto estremo di ribellione, quasi di libertà. Certa che da quel luogo avrà la possibilità di guardare al mondo da una posizione privilegiata.

Diventando monaca rinuncia a molte cose che erano state importanti, ma non rinuncia all’ eleganza, alla bellezza.

Attraverso i gesti del suo corpo ci racconta della sua anima. Tutti i gesti, le posture ci parlano di questo spirito libero che a fatica cerca di esprimere tutte quelle sfumature della bellezza, arte che conosceva bene e alla quale era stata ‘addestrata’.

Si parla di noi, del nostro desiderio di libertà, della nostra volontà ad esistere, dell’essenza stessa del nostro essere.

(Cristoforo Bianchi)


Kuashi - note di regia

Al centro del palco un telo che prende vita sotto diverse forme fino a liberare il 

corpo di una donna, come segno tangibile delcambiamento, della trasformazione; immagine coreografata del ponte, tanto presente nella cultura orientale, a simboleggiare il passaggio da uno stato all'altro.

Alle due estremità, i due poli cui tende combattuto l'animo della donna, quasi fossero due forze magnetiche opposte che la contendono: il kimono della monaca come scelta radicale di una bellezza assoluta e imperturbabile dove trovare un'ancora di salvezza; e i tre pannelli dell'installazione, che con i loro giochi di luci e ombre diventano di volta in volta i luoghi della vita da geisha, pieni di insidie e seduzioni.

Kuashi è la storia di una scelta; dal momento in cui sta per compiersi la presa dei voti fino all'origine; come nella camminata a testa in giù, la donna ripercorre a ritroso nel tempo le varie tappe della sua vita: i ricordi di infanzia, il cerimoniale del the, il trucco della geisha, il mizuage - ovvero la perdita della verginità - il bagno purificatore, fino al rifiuto delle lusinghe terrene con il rituale taglio dei capelli. Proprio come nelle stampe giapponesi, ogni sequenza è un particolare quadro di questo vissuto, ogni gesto è la trasposizione danzata di un'iconografia ben precisa.

E così, quando il flashback si chiude e l'immagine iniziale si ricongiunge a quella finale sulla musica delle campane, la donna è ormai pronta a librarsi nella nuova condizione raggiunta della bellezza in sé.

DECONSTRUCTING OPHELIA

studio coreografico di e con Carla Vannucchi

regia Alessandro Tampieri

dedicato all'amico Gianluigi Bertocchi

AUT AUT

Altorilievo Di Un Passo Falso

Naufraghi di zattere sulla piana,
siamo corpi distesi, alla deriva,
simili nel destino, vicini nello spazio

e allo stesso tempo lontani;
siamo mani che scivolano cercando un appiglio.

Siamo le ceneri del nostro passato, le attese del presente

AUT-AUT. Altorilievo di un passo falso è uno studio centrato sulle reazioni che i vari individui manifestano in una situazione di attesa. Attesa che non deve interpretarsi come cristallizzazione dell’essere, arresto o letargo, ma come incessante evoluzione dei minimi meccanismi interiori che scattano in un animo cosciente del divenire della realtà.

La coreografia vuole illustrare principalmente l’alternativa, la scelta che un individuo, presto o tardi, è costretto ad affrontare nel corso della sua esistenza.

AUT-AUT si esprime per metafore. Storie, reazioni, ricordi affiorano in altorilievi sempre divenienti. Le forme e i danzatori si connettono e disgiungono frantumando la loro energia nei movimenti, perdendo e ritrovando il fraseggio comune in un coro di solitudini che cresce d’intensità fino a compiere la caduta e a ricominciare dall’origine.
Il tema coreografico nasce dagli eventi che hanno portato via via gli esseri umani a dover nuovamente prendere decisioni estreme per la sopravvivenza e a dover lasciare luoghi,

naufragare e riallacciare rapporti nuovi – il quadro della “Zattera della Medusa” di Theodore Gericault è in questo senso la metafora simbolica di questi esseri nel tempo.

AUT-AUT fa parte del mio repertorio; è stato pensato come pezzo corale (fino a 20 danzatori). In passato sono state messe in scena versioni per 7 e per 5 danzatori, in relazione alle diverse situazioni economiche e logistiche.

Hanno scritto su AUT-AUT:

“…La loro specialità, o meglio quella della loro guida (la Vannucchi), risulta la dinamica. Non è necessario cercare gli influssi, sono evidenti i segni che ci riportano al teatro di Vandekeybus (….)grandi ruzzoloni a terra, assolti più femminili che maschili, slanci che hanno il respiro della combattività e la Vannucchi con quel fare precipitoso, deciso, violento di massaia rurale che accampa i suoi diritti, che potrebbero essere quelli della gente della bassa padana, convince perché tutto il gestire, il movimento danzante non ha difficoltà a trasferirsi su un piano di astrazione, quindi di danza per se stessa …”

(Alberto Testa, Danza&Danza, 1994)


SOLO MIO
"Relazioni Di Fuga"

Rassegna Danza Urbana, settembre 1997 (esterno abside Chiesa di San Domenico - Bologna)

Carla Vannucchi - Formazione Danza

Coreografia: Carla Vannucchi
Danza: Carla Vannucchi, Silvia Salvagno, Flavia Bruni, Barbara Mazzanti


Solo Mio:
Dedicato all'infanzia, ai racconti di mio padrebambino in Turchia, alle favole della mia nonna rumena, ai ricordi dei giochi di mia madre in un grande solaio, in cortili, cantine, prati ... spazio .... vago col corpo e gioco.

Viaggiando per lavoro in una nuova Europa, a Est, rivivo a pelle i racconti della mia famiglia che aveva gia' unito negli affetti luoghi diversi; viaggio con le immagini alle mie radici e provo l'emozione di essere cresciuta e di aver lasciato le mie cose la', cosi' lontane”.



WATERCOLOURS

solo coreografato e danzato da Carla Vannucchi
alla memoria del Maestro Bob Curtis

TERRAE

Coreografia: Carla Vannucchi
Scultura: Giorgio Bevignani
Danza: Carla Ardizzoni, Federica Gesu' (Carla Vannucchi)
Performer: Cristoforo Bianchi
Regia: Stefano Medolesi

PIETRE SONORE

Improvvisazioni di Carla Vannucchi sulle creazioni ed installazioni di Pinuccio Sciola

Bologna, Villa delle Rose

MOTHER

Mother e' un breve studio coreografico ispirato alla figura di Isadora Duncan ed alla sua tragedia personale.
Le musiche di Arvo Part, autore contemporaneo di forza ed intensita' quasi mistica, hanno contribuito ad ispirare l'elaborazione emotiva del ricordo, del legame e della perdita.
Il primo brano, "Tabula rasa", ha dato la partitura al duetto dei due fratelli che scivolano nella Senna, cercando di sorreggersi a vicenda come in un gioco che diviene tragedia; il secondo brano, "Fratres", lega la memoria dei sentimenti della madre nell'assolo del ricordo, del contenimento, del maternage che segue lo spazio e rivive la tragedia, serrando in gola un grido.
Mother ha debuttato al Teatro Testoni di Bologna il 14 e 15 marzo 1997 nello spettacolo/omaggio "Per Isadora", nell'ambito del progetto "L'ombra dei maestri. L'eredita' vivente di Isadora Duncan" (a cura della Prof.ssa Eugenia Casini Ropa), organizzato dal Centro La Soffitta del Dipartimento di Musica e Spettacolo dell'Universita' degli Studi di Bologna.

interpreti/danza:
I Fratelli: Barbara Zanoni / Marco Sbarzagli
La Madre: Carlotta Capanelli
Coreografia e Costumi di Carla Vannucchi

UNANG GISING

Coreografia: Ray Tadio

Danza: Carla Vannucchi

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